Il torcolato

La storia del Torcolato è legata alla storia della vitivinicoltura vicentina. Conferma della bontà del vino di queste zone è un antico detto dialettale: “pan padovan, vin visentin, trippe trevisane, donne veneziane”. Molti letterati si sono occupati dei vini vicentini: da Fazio degli Uberti, nel suo trecentesco “Dittamondo”, a Paolo Barbarano, all’Acerbi. Nel ditirambo “II Roccolo”, Aureliano Acanti, scriveva con toni entusiasticamente convinti e compiaciuti che “sovra tutto, senza punto esitare, asserisco non esservi niun’altra Provincia (d’una sola Citta intendo dire, e d’un sol Contado) che tante specie, e si varie, e si differenti, e si delicate di vini produca, quante ne produce la nostra”. Nel corso dei secoli il Torcolato e divenuto il vino più famoso dei colli vicentini e ha eletto la sua capitale in quel di Breganze. Giulio da Schio, nel suo “Enologia e viticoltura della Provincia di Vicenza”, nel 1905 notava come a Breganze, “sebbene il terreno sia generoso di ottimi frutti, l’uomo nella fabbricazione del vino non aiuta a render perfetto il prodotto”. “Che il tipo da dessert debba essere curato e cosa naturale, ma alla cura deve essere aggiunta una buona maniera di fabbricazione, per modo che il vino presentato sia una delicata bevanda e non un’imbevibile miscela deteriorata e parzialmente lavorata”. Ma – notava 1’autore — se ben fatto “il Torcolato” frutto di ogni cura e venduto a prezzi elevati, esso e la specialità di quelle ridenti colline. Riposata 1’uva per due o tre mesi, viene pigiata ed il vino dopo 24 ore di fermentazione e posto nei fu-sti. Soltanto dopo 5 o 6 anni il vero Torcolato viene posto nelle bottiglie, tenute allora nel massimo onore. Con le vinacce del vino torchiato si rende più amabile il vino comune, facendolo attraverso ad esse passare. L’onore, l’orgoglio di Breganze è il suo vino Torcolato, quasi blasone del paese ridente” L’uva Vespaiola si chiama cosi perché il suo succo e particolarmente amato dalle vespe, e un vitigno di origine ignota, forse meridionale, forse francese, e stato importato in zona verso il XV sec. quando i veneziani impiantarono qui una nuova produzione di vino. II Torcolato si produce con uva Vespaiola, con aggiunta in minore quantita di Tocai, Garganega e, talora, Pedevenda o Durella (ma all’inizio del secolo c’era anche Picolit di locale produzione). Quando i grappoli sono ben maturi, essi vengono oculatamente scelti e quindi appesi con degli spaghi, attorcigliati cioè “torcolati” (di qui forse il nome del vino) alle travi di soffitte asciutte ed areate. Ma per estensione in dialetto torcolare significa anche “prendere in giro”. Da un quintale d’uva non si ricavano mediamente più di 20-25 litri di vino. Dopo qualche mese, in cui le uve sono state lasciate appassire, hanno perso buona parte del peso e gli zuccheri si sono concentrati, si precede alla pigiatura degli acini col rischio di rompere il graspo e provocare un gusto amarognolo con la loro torchiatura. Le uve vengono torchiate, cioè “torcola” e questa potrebbe essere un’altra derivazione del nome. Dopo di che terminata la fermentazione il vino viene messo tradizionalmente in botticelle di rovere. E cosi e sempre stato prodotto il Torcolato. Piacevole da bere da solo, e ideale per inzupparvi la classica pasticceria secca locale o, a fine pranzo, con il dolce.